1. Origine ed evoluzione del Catasto
Abstract
Il diritto immobilire, argomento ostico che riguarda Aziende, Istituti Finanziari e Cittadini.
Questo primo approfondimento prende in esame l'origine storica del catasto e la sua evoluzione.
1.1. Il Catasto Cenni Storici
1.2. Il Catasto per i Romani
1.3. Evoluzione del Catasto successivamente alla caduta dell'impero romano d'occidente
1.4. Il Catasto diviene sistema nello Stato unitario italiano
1.5. Il nuovo Catasto Edilizio Urbano (N.C.E.U.)
1.1.Il Catasto cenni storici
“Il catasto è opera morale: perché è frutto di libertà e nemico di ingiusti privilegi.
Il catasto è opera morale: perché sostituisce alla presunzione incerta, la misura accertata; alle colpevoli predilezioni, l’equità impassibile; all’arbitrio della legge, la legge.
Il catasto è poi opera morale, massimamente perché: definiti nuovamente e con certezza i limiti della proprietà prediale, esclude gli appigli di contesa del ricco avaro contro il povero inerme, e l’irrequietezza di litigio che a minuti coltivatori delle nostre campagne cagiona gravissime perdite di tempo e di danaro, nonché vezzo di oziosaggine e di scostumatezza”
(Cosi rifereiva, Giuseppe Borio, professore in agronomia e membro dell’Ufficio per i lavori preparatori del Catasto Piemontese, istituito nel 1853 – stralcio della Prolusione letta in occasione della inaugurazione della prima delle Scuole censuarie istituite con D.M. 29 novembre 1853 del Regno di Sardegna).
L’esigenza di un sistema di censimento delle proprietà mobiliari ed immobiliari a fini fiscali e civili è certamente risalente, quanto meno, all’età di Pericle (sec. V a.C.).
L’origine del nome deriva da το Καταστρωμα -τοσ, che era la formula di registrazione di un atto in libri pubblici.
Letteralmente era «ciò che si stende sopra» ad un atto per renderlo pubblico, con allusione al fatto che la registrazione avveniva con un' annotazione numerica e cronologica che era “estesa sopra” l’atto stesso.
1.2. Il Catasto per i Romani
I romani adottarono un sistema di censimento dinamico, fondato su di una unità tributaria specifica costituita dal caput del paterfamilias, donde la denominazione di capitatio per l’imposta sul patrimonio, soggetta a revisione quinquennale (il lustrum) ad opera di un apposito magistrato, il Censor, che indiceva il censimentum, cioè il periodo entro il quale ciascun caput censuario, ovvero contribuente, doveva rendere la dichiarazione del proprio patrimonio (mobiliare ed immobiliare) presso l’apposito ufficio della censura, cui era iscritto.
Il sistema per l’accertamento dell’imposta patrimoniale era affiancato, sul piano fondiario, dalla centuriatio, specificamente indirizzata alla proprietà immobiliare agraria ed attuata al momento dell’assegnazione di terre, vuoi a veterani come indennità di fine rapporto, vuoi a contadini in occasione delle varie riforme agrarie.
La centuriatio era suddivisa in parcellae quadrate di mt. 710 di lato, attraversate dalle due strade ortogonali del cardo e del decumanus, così da assicurare la formazione di lotti fondiari perfettamente comparabili e pienamente accessibili, a parità di condizioni.
Le centuriae erano a loro volta sottoposte a strigatio, cioè alla determinazione di fondi rettangolari eguali segnati da limites intercisivi, cioè confini stabili.
Eseguite tali operazioni dai gromatici, cioè dagli utilizzatori del groma, croce formata da due bracci uguali oscillante e sospesa per il centro ad un braccio infisso nel suolo, che serviva a traguardare gli allineamenti sul territorio, i medesimi provvedevano alla redazione di due formae, cioè di due mappe eguali, in scala, una conservata negli archivi del Senato a Roma ed una nel capoluogo provinciale sul cui territorio era avvenuta la centuriazione.
Quando l’imponente macchina burocratica necessaria per censire le ricchezze di ciascuna familia non potè più essere messa in campo, il sistema tributario passò dal sistema censuario a quello del capitastrum, cioè ad una iscrizione stabile delle proprietà di ciascun caput censuario, onerato della segnalazione delle variazioni, e che utilizzava le formae delle centuriationes. E la revisione generale fu posticipata a tre lustra, cioè a quindici anni, periodo di validità dell’imposta fondiaria.
1.3. Evoluzione del Catasto
successivamente alla caduta dell'impero romano d'occidente
Tal sistema venne meno con la caduta dell’Impero romano di occidente, ma evolvette invece nella Pars Orientis, trasformandosi in un inventario minuzioso delle proprietà immobiliari, particolarmente occhiuto verso il latifondo senatorio, assumendo la denominazione di το Καταστιχοσ - ου, donde il latino giustinianeo di Catasticum.
Il meccanismo e la sua utilità furono ben noti in periodo altomedievale, durante il quale sopravviveva il capitastrum, tanto che il papa Gregorio VII, a fini fiscali di esazione della decima Sancti Petri, fissò al 1 gennaio 313 il decorso della prima indictio romana, cioè del primo periodo di validità delle iscrizioni immobiliari.
Su quel modello procedettero anche gli imperatori del Sacro Romano Impero, da Carlo Magno in poi, tanto da aggiungere costantemente nella datazione all’anno, mese, giorno, espressamente individuati con riferimento alla nascita di Cristo (ab incarnatione Domini), il numero della indictio, cioè del periodo tributario d’imposta, proprio di quell’anno.
La denominazione generalizzata del sistema avvenne per trasposizione in provenzale del termine giustinianeo di catasticum in quello di cadastar, donde il passaggio in lingua d’oil al cadastre ed infine all’italiano catasto.
La prima applicazione generalizzata di inventariazione della proprietà immobiliare a fini tributari, dopo il crollo dell’Impero Romano, sistematicamente e consapevolmente estesa a tutto il territorio di uno stato è quella iniziata nel 1086 da Guglielmo I il Conquistatore, il normanno che divenne re d’Inghilterra.
L'opera venne successivamente conclusa da suo figlio, Guglielmo II Lungaspada o il Rosso nel 1088, dopo la sua ascesa al medesimo trono. Si tratta del Domesday Book.
Da quel tempo lo strumento si generalizzò in tutta Europa, e ne fecero uso particolarmente incisivo i comuni italiani, che si dotarono di catasti sin dall’inizio del sec. XIII (cfr. il Comune di Chieri presso Torino - 1215).
1.4. Il Catasto diviene sistema nello Stato unitario italiano
Poi provvidero all’utilizzazione del sistema gli stati preunitari, anche se spesso non erano in grado di provvedere alla inventariazione e mappatura dell’intera superficie dello stato, cosicché, sovente, per superfici più o meno vaste supplivano catasti privati.
La legislazione unitaria sul catasto si è sviluppata dal 1865 ad oggi, secondo una periodizzazione che può essere ripartita in cinque fasi.
Lo Stato unitario italiano si pose l'obiettivo ambizioso di accatastare l'intera penisola, cosa che riuscì solo dopo molti decenni.
Al momento dell'unificazione i catasti ufficiali in vigore erano 24, raggruppati in 9 compartimenti territoriali fra cui quello dei Ducati di Parma e Piacenza; solo 15 erano geometrico-particellari e uno di questi con rilievo a vista.
Nel 1864 la cosiddetta Legge sul conguaglio provvisorio tentò inutilmente di equiparare in tutto il Regno l'imposta fondiaria, mentre si cominciarono a scindere gli immobili urbani (edifici) da quelli rurali (terreni) giungendo ad istituire il Catasto Urbano nel 1877.
Nel 1881 furono creati, al posto degli Uffici Tecnici per il Macinato, gli Uffici Tecnici di Finanza e nel 1886 la Legge Messedaglia varò ufficialmente il Catasto Terreni e il Catasto Edilizio Urbano secondo la regola uniforme del geometrico particellare.
Il primo accatastamento italiano è compreso tra gli anni 1874 e 1886; nel 1923 vengono riviste le tariffe una prima volta (prima Revisione generale del catasto).
Agli Uffici Tecnici di Finanza si sostituirono nel 1936 gli Uffici Tecnici Erariali, denominazione che mantennero fin quasi ai giorni nostri.
1.5. Il nuovo Catasto Edilizio Urbano (N.C.E.U.)
Nel 1939 si costituì il Nuovo Catasto Edilizio Urbano (N.C.E.U.), secondo il rilevamento topografico dall'alto (aerofotogrammetrico), ma ci vollero più di trent'anni per metterlo a punto.
Dello stesso anno è la seconda Revisione generale del catasto, che comporta importanti modifiche nel metodo di valutazione, a cui seguirono la terza (1979) e la quarta (1990) con le quali si aggiornarono ancora le tariffe.
C'è da dire che nel N.C.T. (1876) e il N.C.E.U. (1939) vanno a regime - si dice che entrano in conservazione - rispettivamente nel 1941 e nel 1956. Dal 1984 i due Catasti sono completamente separati.
Giova subito mettere in rilievo che, sul piano storico, l’istituto del catasto sconta un pregio ed un difetto.
Il pregio, ovvio, consiste nell’inventario completo dei diritti reali insistenti sul territorio nazionale, e quindi nella rappresentazione della distribuzione della ricchezza immobiliare, determinata in riferimento ad un parametro fondamentale, costituito dal valore venale del bene.
Il difetto, non meno ovvio, è rappresentato dalla difficoltà di un adeguamento effettivo e costante della rappresentazione alla realtà istantanea: il catasto è strutturalmente in arretrato sulla realtà economica immobiliare, sia sul piano della sua rappresentazione, sia sul piano del suo adeguamento ai valori effettivi di mercato.
Esso infatti deve disporre di un parametro di riferimento stabile che consenta di ottenere valori catastali comparabili, e quindi si è sempre riferito, per la determinazione delle rendite, a periodi storici relativamente limitati (un biennio od un triennio), con valori immobiliari di mercato relativamente stabili, sulla cui base ha formato le tariffe d’estimo, ma è evidente che la dinamica del mercato supera costantemente il riferimento – necessariamente statico – al dato economico, cui il catasto ancora riferisce i suoi valori.
Ed è proprio su tal discrasia strutturale che, storicamente, da un lato, i governi fanno leva per un incremento della base imponibile, sotto il velo dell’adeguamento dei valori catastali a quelli di mercato, e, dall’altro, si è incentrata – e prevedibilmente: si incentrerà – la resistenza dei contribuenti ad un incremento del prelievo tributario.
In fondo, da duemila anni la storia del catasto è dominata dall’alternanza fra l’una e l’altra di tali tendenze economiche di fondo: gli sforzi costanti dei governi per ridurre la forbice fra valori catastali e reali; l’accettazione della diminuzione di tale forbice da parte dei contribuenti solo quando la divaricazione avesse raggiunto livelli palesi e politicamente insostenibili.
Il che significa, sul piano economico: solo dopo aver incassato la rendita immobiliare per un periodo di tempo tale da rendere accettabile (mai gradito) un incremento del prelievo tributario connesso al catasto.
È comunque evidente come la storia del catasto si intrecci alla stessa storia economica del Regno prima e della Repubblica poi, e quindi alla sua storia politica, e quella sia incomprensibile senza la conoscenza di queste e senza la comprensione delle interconnessioni fra tutte esistenti.
Primo sul diritto degli immobili ...
Maggio 2020
Questo sito Web utilizza i cookie. Continuando a utilizzare questo sito, accetti il nostro utilizzo dei cookie.