Abstract
L'approfondimento dell'accademico Maruccio prende insame l'esclusione delle agevolazioni relative alla valorizzazione edilizia per i FIA, fondi immobiliari, come emersa nella interpretazione del art. 7 D.L.n. 34/2019 espressa nella risposta all’interpello n. 70 del 2020.
La norma cosi come interpretata dalla Agenzia delle Entrate compromette il rilancio di un comparto dal valore di oltre 66 miliardi di euro.
Giusta la riflessione che scoraggia un interpretazione autentica della norma unicamente basata sulla risposta offerta dalle Entrate.
Fondi Immobiliari e Incentivi Fiscali per L'edilizia: una ingiustificata estromissione
1. La posizione dell'Agenzia delle Entrate La posizione dell’Agenzia delle Entrate espressa nella risposta all’interpello n. 70 del 2020 non e’ condivisibile.
Appare infatti in contrasto con I principi costituzionali di ragionevolezza e di uguaglianza.
In particolare la lettura dell’art. 7 del decreto Crescita fornita dall’Erario estromette I Fondi Immobiliari dalla nozione di “impresa di Costruzione”, impedendo cosi’ l’applicazione delle agevolazioni previste per il comparto.
L'esclusione dal concetto di "impresa di costruzione" non appare adeguatamente motivato, e manca di alternativa.
Difficile escludere il Fondo Immobiliare la cui primaria attivita’ e quella di acquisire e ristrutturare immobili.
Per tale motivo, andrebbe respinta la posizione dell’Agenzia delle Entrate, espressa nella risposta all’interpello n. 70 del 2020, che tende ad attuare un’ingiustificata discriminazione a danno dei Fondi provocando, in tal modo, una insanabile lesione del principio di concorrenza sleale.
2. L'interpretaizone delle norme
I manuali di diritto privato insegnano che l’interpretazione di una norma di legge non può esaurirsi con la semplice lettura del suo testo occorrendo, invece, ricercare l’effettivo significato da attribuire al precetto per la soluzione del caso concreto.
Il mancato rispetto di questi principi sembra essere alla base della posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate nel negare ai fondi d’investimento alternativi di tipo immobiliare (FIA immobiliari) gli incentivi per la valorizzazione edilizia, introdotti con il decreto Crescita (art. 7, D.L. n. 34/2019).
3. Cosa ha previsto il decreto Crescita
Preliminarmente all’analisi della risposta all’interpello n. 70 del 20 febbraio 2020 (che, si anticipa, avrebbe forse necessitato maggiore sforzo analitico e ponderazione), è opportuno richiamare le coordinate generali del regime di favore che, come si legge nella relazione illustrativa, mirano a creare un “circolo virtuoso di scambi immobiliari diretti a prodotti sempre più innovativi e performanti”.
Obiettivo raggiunto dal legislatore quasi azzerando la tassazione di quei tributi che, nella fase iniziale, incidono fortemente sui costi di costruzione, vale a dire, le imposte di registro, ipotecarie e catastali: le quali, rimanendo a carico dell’operatore economico in quanto indetraibili, sono neutralizzate con l’applicazione dell’aliquota in misura fissa, anziché proporzionale.
4. Agevolazioni escluse per i FIA immobiliari - La posizione dell'Agenzia
In questo contesto lo stop ai benefici fiscali in favore dei FIA immobiliari, secondo l’Agenzia, si giustifica con due diverse ragioni.
Anzitutto, il testo della norma agevolativa non menziona i Fondi. A questa lacuna non si può rimediare con un’applicazione analogica-estensiva avuto riguardo al carattere eccezionale del regime di favore.
Oltre a ciò, precisa l’ente impositore, i Fondi non sono inquadrabili fra le “imprese di costruzione o di ristrutturazione”, cioè la categoria a cui fa espresso riferimento l’art. 7 del decreto Crescita senza, tuttavia, definirla.
In tal caso, il vuoto legislativo è colmato dalla stessa Agenzia che, in via interpretativa, esclude dall’agevolazione tutti gli operatori commerciali - come, appunto, i Fondi - che, pur investendo nel settore immobiliare, non possono eseguire, neppure in astratto, alcun intervento diretto sui fabbricati.
Il risultato che s’intravede, in esito a tale percorso ermeneutico, è la massima tutela dell’interesse erariale a chiaro discapito della ratio legis che punta, invece, alla crescita dell’economia italiana.
5. Il regime di tassazione agevolata
Tant’è che, come messo in risalto nei lavori preparatori, il “regime di tassazione agevolata”, che ha lo “scopo di rendere economicamente sostenibili le operazioni di scambio del vecchio con il nuovo fabbricato”, “dovrebbe essere garantito […] all’impresa che si renda disponibile ad acquistare […] interi stabili condominiali, a condizione di demolirli e ricostruirli […] e reimmetterli sul mercato […].”
Non vi è dubbio che il legislatore, tramite l’aggettivo “disponibile”, ha da un lato chiaramente individuato il destinatario dell’agevolazione nella figura generale dell’operatore economico, cioè, colui che si assume la responsabilità e il rischio dell’intera operazione di riqualificazione del fabbricato. E dall’altro, ha manifestato la volontà di ritenere irrilevante le modalità con cui sono realizzati gli interventi sugli edifici e, per conseguenza, irrilevante il fatto che l’impresa sia o meno dotata di mezzi e persone per l’esecuzione diretta dei lavori.
Del tutto inconferente appare il richiamo all’art. 14 delle disposizioni preliminari al Codice civile, “secondo cui per le leggi che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi, le norme che dispongono agevolazioni od esenzioni sono di stretta interpretazione, nel senso che "i benefici in esse contemplate non possono essere estesi oltre l'ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa" (Corte di Cassazione sentenza n. 11106 del 2008)”.
Qui, infatti, non si tratta di estendere gli effetti della norma a una categoria di soggetti estranei al precetto normativo (ad esempio ad un privato che intende ristrutturare la propria abitazione) bensì di individuare, nel rispetto del criterio teleologico contenuto l’art. 12 delle preleggi, l’ambito di applicazione soggettivo.
6. Ambito di applicazione soggettivo
A questo riguardo, basta richiamare integralmente il contenuto della disposizione per individuarne la ratio.
Le imprese di costruzione, infatti, non sono in quanto tali i soggetti destinatari bensì la denominazione attribuita ai soggetti che:
Se, dunque, scire leges non est verba earum tenere, sed vim ac potestatem, appare non solo illegittimo, ma in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza e di uguaglianza, leggere l’art. 7 del decreto Crescita nel senso di estromettere i Fondi immobiliari dalla nozione di “impresa di costruzione” senza una adeguata ragione che giustifichi la diversità di disciplina e, quindi, l’esclusione dall’agevolazione (analogamente, cfr. Cass. Civ. sez. V, sentenza n. 4986/2020).
D’altronde se, come lascia intendere la stessa Agenzia, gli incentivi per l’edilizia si estendono agli operatori che si affidano a imprese appaltatrici: allora, a maggior ragione, meritano lo stesso trattamento fiscale i Fondi immobiliari la cui situazione è sostanzialmente identica.
Come, del resto, dimostrato dalla decisiva osservazione che i Fondi, al pari delle normali imprese commerciali, oltre a negoziare gli accordi civilistici collegati agli interventi sugli edifici, sono gli effettivi titolari dei necessari certificati, permessi, o documenti di autorizzazione richiesti dalla disciplina urbanistica e dell’edilizia per l’esecuzione dei lavori, ancorché materialmente realizzati da soggetti terzi tramite contratti di appalto.
Ragionando diversamente, come la risposta all’interpello in esame, si attuerebbe una ingiustificata discriminazione a danno dei Fondi che, senza voler scomodare i principi di uguaglianza e parità di trattamento, è certamente idonea a falsare la concorrenza commerciale.
Senza considerare che l’art. 7 del D.L. n. 34/2019, nato per incentivare gli interventi che possano rigenerare gli edifici urbani, dovrebbe - all’opposto di quanto dichiarato dal legislatore, ma in base alla logica dell’Agenzia - irragionevolmente escludere i Fondi che, secondo i dati ufficiali del 2018, hanno un patrimonio immobiliare di oltre 66 miliardi di euro.Non solo, ma vi è un ulteriore potenziale e delicatissimo profilo di irragionevolezza sistematica.
È noto lo stretto legame tra l’imposta di registro e l’IVA, in ragione del noto principio di alternatività.
Del resto, lo stesso art. 7 del D.L. n. 34/2019 si premura di precisare che l’agevolazione è applicabile “anche nel caso di operazioni ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
Proprio quest’ultima disposizione, al comma 8-bis, prevede l’assoggettamento ad IVA delle imprese di costruzione, in deroga alla regola dell’esenzione per le cessioni di fabbricati.
Ipotizzando che l’Agenzia, per coerenza, raggiunga una soluzione simile anche per l’IVA, disconoscendo ai Fondi la qualifica di “impresa di costruzione”, si possono delineare degli scenari futuri poco rassicuranti per l’intero settore dei Fondi immobiliari.
Quest’ultimi, che già dovrebbero sopportare il peso dell’imposta di registro proporzionale, resterebbero incisi anche dell’IVA sugli acquisti, sostenuti per i costi delle opere di riqualificazione, diventata nel frattempo indetraibile a causa della natura esente dell’operazione.
E il tutto grazie o, dal punto di vista del contribuente, per colpa di una lettura pro Fisco di una norma contenuta in un decreto chiamato “Crescita” che, in realtà, produce degli effetti di recessione dell’economia. Il che è francamente assurdo.
7. In Conclusione
E, soprattutto, in presenza del binomio art. 7 del D.L. n. 34/2019 e ratio legis che, tracciando nitidamente il confine applicativo, estende l’agevolazione ai Fondi immobiliari.
Non vi è, quindi, alcuna necessità di ricorrere alla regola dell’analogia applicabile, in via residuale, soltanto qualora la norma non contempli la fattispecie.
Come si vede, il regime di favore non è una “gentile” concessione dell’autorità fiscale, essendo stato conferito dall’imprimatur normativo che, però, la risposta all’interpello vorrebbe abrogare parzialmente con un documento di prassi il quale, oltre a non rappresentare una fonte di legge, è esclusivamente basato su un’interpretazione del precetto legislativo che sovverte i più elementari codici interpretativi.
Maggio 2020
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