Abstract
Il Nuovo approfondimento sul diritto immobiliare, prende in esame la natura giuridica del classamento, atto della pubblica amministrazione di natura dichiarativa.
Ne esamina dunque l’impugnabilita, riportando le due maggiori dottrine che lo definiscono ora, un giudizio di accertamento, ed ora un giudizio di annullamento.
Infine illustra le tariffe d’estimo e la loro natura dichiarativa, prendendo in esame la disciplina posta dall’articolo 7. Co. 5, Dlgs n. 546/1992. Fondamentale I riferimenti alle modalita’ di impugnazione.
1. Natura giuridica del classamento
2. Impugnazione dell’atto di classamento
3. Natura giuridica delle tarifffe d’estimo
4. La tutela nei confronti delle tariffe d’estimo
1. Natura giuridica dell’atto di classamento
Il classamento è sempre riferibile all’amministrazione, sia quando è operato in assenza di una
“rendita proposta”, sia quando la determinazione dell’ufficio avviene a seguito della prescritta
dichiarazione del possessore.
Il fatto che il classamento proviene sempre dall’amministrazione induce a qualificarlo atto amministrativo: poiché accerta lo stato dei beni con conseguente attribuzione di una corrispondente qualificazione giuridica, lo si può inquadrare tra gli atti dichiarativi e, più precisamente, tra gli atti di certazione.
(cfr. Parlato, A., Il catasto dei terreni, Palermo, 1967; Salanitro, G., Profili sostanziali e processuali dell’accertamento catastale, Milano, 2003; La Rosa, S., Principi di diritto tributario, Torino, 2009, 326; nel senso di una ricostruzione dichiarativa degli atti e delle operazioni catastali cfr. Uricchio, A., Il contenzioso catastale: la difficile convivenza di più giurisdizioni, in Rass. trib., 2005, n.5, 1403 ss.; contra Buccico, C., Il catasto. Profili procedimentali e processuali, Napoli, 2008,179).
2. L’impugnaizone dell’atto di classamento
Essendo un atto di natura dichiarativa, anche il relativo giudizio va configurato come giudizio di accertamento (cfr. Uricchio, A., Il contenzioso catastale: la difficile convivenza di più giurisdizioni, cit., il quale però ammette anche che il giudizio possa sfociare in una pronuncial di annullamento dell’atto, nel caso di illegittimità formali dell’atto, senza che si possa escludere la possibilità che l’agenzia si attivi nuovamente adottando un nuovo classamento immune da vizi(cfr. anche Fransoni, G., Giudicato tributario e attività dell’amministrazione finanziaria, Milano, 2001, 588 ss.) anche se non mancano ricostruzioni del giudizio catastale come giudizio di annullamento (cfr. Glendi C., L’oggetto del processo tributario, Padova, Cedam, 1984, 38).
3. Natura giuridica delle tariffe d’estimo
E’ discussa anche la natura giuridica delle tariffe d’estimo, e degli atti che ne determinano i coefficienti di aggiornamento.
Parte della dottrina vi riconosce natura normativa, sostenendo che avrebbero efficacia innovativa dell’ordinamento giuridico (cfr. Di Pietro, A., I regolamenti, le circolari e le altre norme amministrative per l’applicazione della legge tributaria, in Trattato di diritto tributario, 10 diretto da A. Amatucci, I, tomo II, Padova, 1994, p. 636), ovvero affermando che rientrerebbero tra gli atti espressione di una potestà discrezionale normativa avente ad oggetto una valutazione tecnica (cfr. Bafile, C., Il nuovo processo tributario, Padova, 1994, p. 112).
Appare preferibile ravvisare la natura di atto amministrativo generale in quanto con l’emanazione dell’atto determinativo delle tariffe l’amministrazione non innova l’ordinamento giuridico ma si limita a determinare le tariffe d’estimo, nelle forme ed entro i limiti previsti dalla legge.
L’atto pertanto, è espressione del potere di accertamento valutativo attribuito dalla legge all’amministrazione con riferimento all’entità della rendita nei confronti di una indeterminata pluralità di soggetti (i possessori degli immobili).
4. la tutela nei confronti delle tariffe d’estimo
La tutela nei confronti delle tariffe d’estimo si ritrova nella disciplina posta nell’art. 7, co. 5, del d.lgs. n. 546/1992, a tenore del quale le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente.
Pertanto, da un lato, è possibile impugnare direttamente l’atto, entro sessanta giorni dalla sua
pubblicazione, per un eventuale annullamento con effetti erga omnes, dinanzi al giudice
amministrativo.
Dall’altro lato, il contribuente può chiedere al giudice tributario la disapplicazione della tariffa d’estimo, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, e quindi in occasione dell’impugnazione di uno degli atti indicati nell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992.
In tale ipotesi, il giudice tributario non annulla la tariffa con effetti erga omnes, ma piuttosto non la applica al caso concreto oggetto del proprio giudizio.
Le tariffe d’estimo possono essere impugnate anche con il ricorso straordinario al capo dello Stato, previsto dall’art. 8, co. 1, D.P.R. 24.11.1971, n. 1199.
Infine, non sembra possibile riconoscere l’ammissibilità di un’adesione, in quanto il classamento non determina un tributo, ma una rendita che costituisce la base per l’applicazione di svariati tributi.
Non vi è pertanto un’imponibile e un’imposta periodica o una tantum sulla quale aderire, né una riduzione delle sanzioni.
Non sembra inoltre applicabile l’istituto della mediazione, in quanto di valore indeterminabile, mentre è discusso se sia possibile la conciliazione giudiziale.
In senso positivo si ritiene irrilevante l’impossibilità del versamento dell’imposta a seguito della conciliazione (cfr. Buccico, C., Il catasto. Profili procedimentali e processuali, Napoli, 2008, 179, 262 ss.); l’impossibilità del versamento non è tuttavia una mera questione di fatto, ma discende proprio dalla natura giuridica e dall’oggetto del classamento.
Giugno 2020
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